HomeSport CoachingImparare dagli errori: il vero segreto dei grandi atleti

Imparare dagli errori: il vero segreto dei grandi atleti

Roland Garros, Venerdì 7 Giugno 2025.

Jannik Sinner lascia il campo centrale di Parigi dopo una battaglia epica contro Carlos Alcaraz, durata più di quattro ore. Non porta a casa la vittoria, ma qualcosa di forse ancora più prezioso: una lezione profonda, umana e sportiva, che va oltre il risultato.

“Non sono un superuomo”, ha detto con semplicità dopo il match. In quelle parole c’è tutta la verità di un atleta che si mette a nudo, senza filtri.

Una nuova consapevolezza e un messaggio potente che vale per ogni atleta, in ogni sport.

Una frase che, nel mondo dello sport coaching, è una dichiarazione di maturità. È il segno di un atleta che ha capito che anche l’errore ha un valore. Che la sconfitta non è solo fine, ma anche inizio.

Il potere dell’errore: quando cadere fa crescere

Sinner arriva a questa semifinale dopo un lungo percorso di ritorno, segnato anche dalla squalifica subita mesi fa. Un errore. Un inciampo che avrebbe potuto frenarlo, ma che ha invece acceso un processo di crescita.

Non è l’unico! Federer ha imparato a gestire il fallimento dopo infortuni e lunghi stop. Michael Jordan è stato escluso dalla squadra del liceo. Valentino Rossi ha sbagliato gare decisive, eppure ha sempre saputo rialzarsi.

Tutti campioni che hanno trasformato l’errore in lezione. La sconfitta in spinta. Il dolore in determinazione e motivazione.

Nel linguaggio del coaching sportivo, questo si chiama crescita post-traumatica. È il meccanismo con cui un atleta impara a usare l’ostacolo come leva, il punto in cui si fa spazio la vera forza mentale: non negare la difficoltà, ma affrontarla con lucidità.

“Ci sono giornate in cui non ti senti al 100%, e oggi è stata una di quelle”, ha confessato Sinner dopo la partita.

L’atleta che accetta i propri limiti è un atleta che ha già iniziato a superarli. Perché il primo passo per rialzarsi è non avere paura di cadere.

Il mental coach: l’allenatore invisibile

Dietro ogni grande atleta, oggi, c’è anche un bravo sport coach.

Una figura sempre più determinante nello sport ad alti livelli. Allenare il fisico è fondamentale, ma allenare la mente è ciò che permette di reggere la pressione, superare i momenti no, rimanere lucidi e gestire lo stress.

Il dott. Riccardo Ceccarelli, che ha seguito da vicino Jannik Sinner, lo spiega chiaramente:

“Jannik ha una dote rara: è curioso. Vuole capire cosa gli manca. Lavora con umiltà, senza mai sentirsi arrivato. E questa è una qualità mentale potentissima.”

Sinner non è solo talento: è concentrazione, ascolto, desiderio di migliorarsi. Non si chiude, non si giustifica. Chiede. Cerca. Accoglie l’errore per capire dove può crescere.

Questa attitudine è ciò che distingue un campione in evoluzione da un atleta che si accontenta.

Per chi lavora nel mondo del coaching sportivo, il fallimento è visto come una risorsa: è il momento in cui si cresce, si riflette, si costruiscono basi più solide.

“Ho dato tutto quello che avevo, e questo mi basta per dormire sereno”, ha dichiarato con calma e determinazione.

Lo sport coach, con i suoi atleti, lavora proprio su questo tipo di mindset: insegnare agli atleti a valutare se stessi non solo in base al risultato, ma rispetto all’impegno, alla preparazione, alla capacità di resistere alla pressione.

Jannik, come molti altri campioni, ha perso una partita, ma ha vinto nella gestione dell’insuccesso. Non si è lasciato abbattere. Ha trasformato il dolore della sconfitta in un’opportunità.

Quando la mente fa la differenza

Il lavoro mentale incide sul gesto tecnico, sulle scelte tattiche, sulla gestione delle emozioni.

Un match come quello tra Sinner e Alcaraz lo dimostra: le partite si giocano anche nella testa. E spesso si vincono lì.

“Ci sono giorni in cui non ti senti al massimo, ma devi comunque trovare il modo per restare in partita”, ha detto Sinner.

È qui che il coaching fa la differenza. Lavorare sulla mente significa non crollare quando tutto gira storto, non perdere il contatto con il presente, non lasciare che la paura prenda il controllo.

Campioni come Simone Biles, Novak Djokovic, Alex Zanardi hanno raccontato pubblicamente quanto il supporto psicologico sia stato cruciale per affrontare momenti critici.

Nel tennis, nel nuoto, nell’atletica, nel motociclismo: il lavoro mentale è un fattore strategico. Non è debolezza, ma forza. È allenamento invisibile. È muscolo interiore.

Il vero campione non è chi vince sempre, ma chi sa mantenere un atteggiamento mentale positivo e una mentalità vincente anche nei momenti più duri. È questo che distingue l’eccellenza dalla mediocrità: la capacità di restare centrati, motivati, aperti al cambiamento.

La vera vittoria: imparare a perdere

Ogni atleta sogna la vittoria. Ma quelli che lasciano un segno sono spesso quelli che hanno imparato a gestire la sconfitta. A darle un senso. A non vergognarsene.

Sinner oggi è un esempio di questo approccio. Dopo una semifinale persa, ha mostrato una tenuta mentale che vale più di mille colpi vincenti.

È questo il mindset che il mental coach costruisce con l’atleta: non basarsi solo sul risultato, ma sul percorso. Sull’intenzione. Sull’impegno.

La lezione per tutti, dentro e fuori lo sport

Imparare dagli errori, gestire l’insuccesso, chiedere aiuto: sono competenze che valgono anche nella vita di tutti i giorni.
Per un atleta, come per uno studente, un manager, un genitore.

Il mental coaching, oggi, non è più un lusso. È un investimento. In equilibrio, lucidità, crescita. È ciò che trasforma la sconfitta in carburante.

Come dimostra Sinner, non esiste vittoria senza fragilità. Non esiste trionfo senza cadute. Il segreto è tutto lì: non smettere mai di voler capire, migliorare, ripartire.

È cadendo che impariamo a volare: ogni sconfitta è solo una curva sulla strada del successo.

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