Mi chiamo Christian Calà, sono un mental coach professionista, specializzato nello sport coaching, e affianco atleti della Nazionale Italiana in diverse discipline Olimpiche, supportandoli nel raggiungimento di stati mentali ottimali per la performance, la gestione delle emozioni, il superamento dei momenti di crisi e di fallimento.
Oggi voglio raccontarvi la straordinaria storia di una giovane karateka.
Carlotta Montebello, è un’atleta che, nonostante la sua giovane età, ha già fatto parlare di sé nel mondo del karate. A 17 anni compie il passo che molti atleti sognano ma pochi raggiungono: vincere il titolo di campionessa assoluta agli Assoluti italiani di karate nella categoria +68 kg, battendo avversarie esperte, più grandi e con una carriera ben consolidata.
Ma il suo percorso verso questa vittoria è stato tutt’altro che semplice. Carlotta non solo si è trovata a competere contro avversarie di grande esperienza, ma ha dovuto affrontare anche le sue sfide mentali, le stesse che, a volte, rischiavano di minare la sua fiducia e il suo rendimento.
Il punto di partenza: le sfide mentali di una giovane promessa
Carlotta compie 18 anni il 1° maggio 2025. Sin da piccola vive per il karate. Il suo sogno è chiaro: entrare nella nazionale italiana, far parte di un gruppo sportivo militare, trasformare la sua passione in una carriera vera.
Eppure, come accade a molti giovani talenti, il talento non basta. La pressione, l’ansia da prestazione e la paura del fallimento rischiavano di rallentare – o addirittura bloccare – la sua ascesa.
Carlotta era una delle più giovani partecipanti agli Assoluti italiani 2025. La più giovane, in una categoria di peso dominata da veterane fisicamente più robuste. Un contesto che avrebbe intimidito chiunque.
Fino a quel momento, Carlotta era già una campionessa nelle categorie giovanili, ma agli Assoluti ha dovuto confrontarsi con un mondo completamente diverso: quello delle atlete professioniste, quelle che vivono del proprio sport, che sono parte di gruppi sportivi armati e che si allenano a tempo pieno.
Il percorso di coaching nasce da un’intuizione preziosa della madre di Carlotta, che vedeva nella figlia una forza enorme… spesso soffocata da una mente che correva più veloce delle gambe.
Prima di ogni gara importante, Carlotta soffriva di una forte ansia da prestazione, un’emozione che, se non gestita correttamente, finiva per influire negativamente sulle sue performance.
Sebbene fosse consapevole del suo talento, spesso si trovava sopraffatta dalla pressione, soprattutto in competizioni di alto livello come quella degli Assoluti, dove tutto sembrava più grande e impegnativo.
Il percorso: un lavoro di consapevolezza e focus
Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, il mio obiettivo era chiaro: aiutare Carlotta a gestire la pressione e a focalizzarsi su ciò che dipendeva da lei, invece di lasciarsi sopraffare dal contesto esterno.
L’obiettivo non era solo vincere, ma soprattutto far sì che Carlotta riuscisse a rimanere centrata, indipendentemente dalle circostanze.
Il nostro lavoro si è basato su un approccio di consapevolezza: ogni giorno, Carlotta si concentrava su alcune domande potenti che le permettevano di rifocalizzarsi su se stessa, sui suoi successi passati e sulle risorse interiori a sua disposizione.
Queste domande la aiutavano a spostare l’attenzione da ciò che non poteva controllare, come le sue avversarie o le aspettative esterne, verso quello che invece era sotto il suo completo controllo: la sua preparazione, il suo stato mentale e la sua forza interiore.
Abbiamo anche lavorato sul concetto di locus of control, aiutandola a capire che la chiave del suo successo risiedeva nella gestione delle proprie emozioni e nel concentrarsi esclusivamente su ciò che poteva influenzare, come la tecnica e la sua preparazione mentale.
Il punto non era vincere a tutti i costi, ma riuscire a rimanere in equilibrio anche nei momenti di grande pressione, senza lasciarsi sopraffare dai pensieri negativi.
Abbiamo dunque costruito una vera e propria bolla mentale da portare con sé sul tatami. Un luogo di centratura e presenza, da cui nulla – né avversarie, né ranking, né aspettative – potesse distoglierla.
Tecniche specifiche: il collasso d’ancora per trasformare la pressione
Una delle tecniche principali che abbiamo utilizzato è stata il collasso d’ancora, uno strumento della Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) che consente di dissociare sensazioni negative e sostituirle con emozioni positive.
Carlotta ha vissuto momenti di grande tensione prima delle gare, dove la paura di fallire rischiava di prendere il sopravvento.
Grazie al collasso d’ancora, abbiamo lavorato per sostituire la sensazione di pressione con una risorsa positiva e potenziante, che lei ha scelto personalmente, legandola a un gesto fisico: l’ancoraggio attraverso il pugno.
Inoltre, abbiamo utilizzato visualizzazioni potenti, che Carlotta ha potuto ascoltare poco prima della gara, per aiutarla a concentrarsi su pensieri potenzianti e a rinforzare le sue convinzioni positive, senza lasciarsi influenzare dalle difficoltà o dalle aspettative esterne.
La gara: dalla pool alla finale
Quando Carlotta ha iniziato il suo cammino verso il podio agli Assoluti, il percorso non è stato facile. Ha affrontato avversarie esperte, con anni di esperienza alle spalle, ma ogni volta riusciva a rimanere centrata e a gestire la pressione che avrebbe potuto distrarla.
Il suo cammino è stato caratterizzato dalla capacità di concentrarsi esclusivamente su ciò che poteva controllare. Non pensava a come sarebbero andati gli altri incontri, ma si concentrava sul suo stato mentale e fisico prima di ogni combattimento.
Non c’è stato un momento in cui Carlotta ha ceduto, ma piuttosto ha saputo applicare ogni strumento mentale che aveva appreso per affrontare la competizione con determinazione.
La sua vittoria in finale è stata una testimonianza di quanto il lavoro mentale possa fare la differenza: non è stato solo il suo talento tecnico a portarla al trionfo, ma soprattutto la sua capacità di gestire se stessa, di mantenere la calma e di non farsi sopraffare dal contesto.
La riflessione: quando la mente è allenata quanto il corpo
Il percorso non ha trasformato Carlotta in un’altra persona. L’ha aiutata a rivelare ciò che già era, ma che l’ansia rischiava di oscurare.
Come mental coach sportivo, ciò che più mi ha colpito è stata la sua capacità di applicare con costanza e fiducia gli strumenti appresi. Non servono mesi di lavoro se c’è volontà, metodo e intenzione.
Oggi Carlotta è sì una campionessa italiana. Ma soprattutto è una giovane donna con più consapevolezza, più controllo, e più fiducia nelle proprie risorse interiori.
E come spesso accade, quando si cresce dentro… anche il mondo fuori si accorge del cambiamento.
Conclusione: il valore del mental coaching nello sport
Il caso di Carlotta dimostra con forza che il vero salto di qualità nello sport non passa solo da ciò che si allena in palestra, ma da ciò che si coltiva nella mente.
Tecnica, preparazione fisica, strategia: elementi indispensabili, certo. Ma incompleti se l’atleta non dispone di strumenti per affrontare la pressione, gestire l’errore, restare centrato nei momenti cruciali. È qui che il mental coaching diventa decisivo.
Allenatori, preparatori, dirigenti sportivi: è il momento di portare il lavoro mentale al centro dei vostri programmi. Non come “extra”, ma come parte integrante dell’allenamento.
E se vuoi fare un passo in più, per diventare tu stesso un riferimento in questo ambito, la Scuola di Sport Coach Italia ti offre un percorso serio, concreto, trasformativo.
Un’opportunità per acquisire competenze pratiche e subito applicabili, al servizio della crescita dei tuoi atleti.
Se vuoi davvero fare la differenza, comincia da ciò che spesso viene ignorato: la mente.
Perché è lì che si vince, ancora prima che su qualsiasi campo di gara.